Campione di barba, vincitore del World Beard and Moustache Championship ed unico italiano al mondo ad aver mai ricevuto questo titolo. Fabrizio Bottos si fa riconoscere subito, grazie al suo aspetto distintivo ed alla sua barba naturale. In questa collaborazione il fotografo Leonardo Fabris, fondatore di studio Due Piani, ci presenta questo personaggio attraverso il suo obiettivo, dimostrando un talento di ritrattista in tutta la sua naturalezza, perspicacia e semplicità. La figura di Fabrizio è qui immortalata per rivelarsi con intimità ed eleganza all’osservatore. Ma cosa si cela oltre al suo successo? In questa intervista, ci immergiamo insieme nell’infanzia, nei luoghi e nelle esperienze di Fabrizio, per scoprire l’uomo che si cela sotto la sua barba.


Fabrizio, come definiresti in tre parole l’uomo che sta sotto la tua barba?
Tre sono poche, comunque ci provo… versatile, fantasioso, socievole, e molto riflessivo. Ecco, non c’è l’ho fatta, sono quattro.
Da dove vieni e cosa ha definito la tua infanzia, in breve?
Vivo ed ho sempre vissuto ad Azzano Decimo in provincia di Pordenone, passando la mia infanzia tra la campagna dei nonni ed il parchetto delle case popolari dove vivevamo. É stata un’infanzia più da cortile che da pc o televisione, ma che mi ha insegnato quanto sia importante il contatto con la natura, e soprattutto come trovare sempre qualcosa da fare per non annoiarmi mai.
Quali sono state le più grandi influenze nella tua crescita?
Forse sembrerà strano, ma nel corso della mia vita non ho mai avuto modelli da copiare, ci sono state e ci sono persone che stimo ma non hanno mai rappresentano per me un modello da copiare, piuttosto una fonte d’ispirazione.
Quando hai cominciato a far crescere la barba, e cosa ti ha motivato?
Non sono mai stato del tutto glabro, nel senso che da quando la pubertà mi ha portato la prima peluria facciale ho sempre avuto un pizzo, dei baffi, o un accenno di barba.Credo che avere un padre che ha sempre portato la barba in qualche modo mi abbia influenzato. Posso dire però che avvicinarmi allo storico club barba e baffi f.lli Locatelli del quale tutt’ora faccio parte, mi ha portato a conoscenza di un mondo che si cela dietro la barba, un mondo fatto di amicizie che condividono la stessa passione, ma anche di contest come il world beard and moustachechampionship, che vincendo, mi ha portato ad essere il primo e unico italiano ad aver vinto il campionato del mondo di barba.

È cambiata la tua percezione di te stesso, in questo percorso?
Sono sempre stato molto critico con me stesso, e questo mi ha spinto ad essere un po’ insicuro, ma il percorso che ho fatto mi ha insegnato che anche se io mi vedo brutto e impacciato, non significa che per forza anche gli altri mi vedano così. Il mondo è fatto di percezioni soggettive che ci portano ad avere ciascuno una sensazione diversa pur guardando la stessa identica cosa. Per cui quello che io vedo in me potrebbe non essere quello che vedono gli altri.
Qual è la tua più grande insicurezza, e come l’hai superata?
Credo che la mia più grande insicurezza sia legata alle mie capacità personali, proprio per il fatto che io sia sempre molto critico nei miei confronti… come l’ho superata? Eh, io e il mio ego ci stiamo lavorando.
Perché ‘Save the Beard’?
‘Save the beard’ perché per me avere la barba non è mai stata una questione di moda, ma piuttosto una filosofia di vita, e quando verso gli inizi del 2021 la moda della barba ha preso la strada del declino, e molti, anche con barbe piuttosto importanti hanno cominciato a radersi, mi è venuto spontaneo coniare questo slogan, salva la barba!


Secondo te, quali sono le difficoltà o le pressioni più grandi che incontrano gli uomini al giorno d’oggi? Quale consiglio daresti alle nuove generazioni per affrontarle?
Una bella domanda, per la quale è difficile trovare una sola risposta, io oggi vedo un uomo sostanzialmente non troppo felice, anche se magari realizzato nella vita, ma sempre con questo velato senso di insoddisfazione, un’ uomo che sempre più cerca di schivare tutto ciò che lo richiami a troppi doveri, e sicuramente in crisi perché minacciato dalla perdita della propria identità.
Le nuove generazioni rispetto a quelle precedenti sembrano psicologicamente più fragili, i social network dove tutto è opportunamente infiocchettato danno l’illusione di uno standard molte volte irraggiungibile, fisici statuari, supercar, case instagrammabili, che a mio avviso creano nelle nuove generazioni un costante senso di inadeguatezza, rendendoli in qualche modo insicuri. Non sono mai stato un gran dispensatore di consigli, ma ad un adolescente oggi direi: credi in te stesso e cerca di volerti bene.
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